Sebbene siano circa 150 i casi di pedofilia clericale accertati dalla giustizia negli ultimi anni, l’Italia rimane l’unico tra i grandi paesi di tradizione cattolica in cui Stato e Chiesa non hanno mai nemmeno ipotizzato di istituire una commissione nazionale che indaghi sulle dimensioni del fenomeno. Un atteggiamento che denota scarsa sensibilità di istituzioni, laiche e religiose, e dell’opinione pubblica verso un problema che non è più possibile ignorare. E invece accade anche che la Conferenza episcopale decida di non obbligare i vescovi a denunciare alla magistratura italiana i responsabili di abusi. Come mai?
Analizzando la matrice culturale e ‘politica’ dell’atteggiamento reticente dei vertici della Chiesa, e avvalendosi dell’aiuto di esperti che tracciano anche l’identikit del pedofilo, l’autore fa luce con una documentata ricerca sui crimini di matrice clericale commessi in Italia dal 1860 in poi. Un’inchiesta che si intreccia con le accuse rivolte dalla Commissione Onu sui diritti dell’infanzia alla Santa Sede per non aver mai organizzato politiche di contrasto alla pedofilia. Gli atti di questo storico ‘processo’, terminato a Ginevra all’inizio del 2014, sono tradotti in italiano per la prima volta in questo libro: chiamano in causa le responsabilità di Ratzinger, Wojtyła e Bergoglio, e contengono forti critiche che sono state rispedite al mittente con sdegno. Ma finché la Chiesa continuerà a ritenere l’abuso un’offesa a Dio e non un crimine contro gli esseri umani più indifesi, è impossibile credere a una vera svolta.