«Il sogno è una lingua, un ‘parlare’ in attesa di qualcuno che lo comprenda».
Dalla realtà umana dei primi mesi di vita al sogno come lingua, lo straordinario percorso che in queste pagine propone una importante riflessione riguardo la necessità di legittimare la realtà non cosciente umana, il cui fisiologico sviluppo, ed eventuale successiva caduta nella malattia, deve essere l’oggetto principale della ricerca e della prassi psichiatrica e psicoterapeutica.
L’originalità dell’opera è nel tentativo di utilizzare gli studi sulla lingua e sul linguaggio per trovare la via maestra per l’accesso alla dimensione non cosciente partendo dall’idea che «in modo specifico è l’essere dell’uomo che può essere pensato e definito come linguaggio ». La ricerca dell’autrice, svolta in giorni di appassionato confronto con Massimo Fagioli, alla luce del concetto di ‘immagine acustica’ del linguista Saussure, spiega come il bambino di pochi mesi, che non vede se non luci e
ombre ma può percepire i suoni, sia nella condizione di fare immagini come traccia psichica del suono stesso. Una possibilità di memoria specifica della realtà del bambino nel primo anno di vita che poi potrà fondersi con le immagini derivate dalla visione definita della realtà esterna e che costituirà successivamente l’identità psichica della persona adulta.